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Le recensioni di Bruno Elpis

Henry e June di Anaïs Nin (qlibri)

Henry, June o Anaïs? Io scelgo… 

In quel di Parigi, Anaïs Nin incontra Henry (Miller, sì proprio lui, quello degli scandalosi Tropici del Cancro e del Capricorno, quello dell’innominabile Opus Pistorum) e June, bellissima consorte di Henry. Ed è subito amore. Non per lui. Non per lei. Per entrambi! Per “Henry e June”…
In questo commento cercherò (invano) di mettere ordine nello scompiglio sentimentale della povera Nin. In questa ardua (o impossibile?) impresa cercherò anche di dimostrare per chi parteggio…

Per mettere ordine nel caos, occorre partire da lui: il marito che, poveretto, in questa vicenda si aggira sotto il peso di un cesto pieno… di lumache! 

HUGO (il marito) 

Ignaro di tutto (ci credete?), innamoratissimo, soggiace agli equilibrismi di Anaïs (“Ci rendevamo pienamente conto che non avremmo sopportato di andare incontro alle nostre nuove esperienze proprio sotto gli occhi una dell’altro”) senza colpo ferire (“Come riuscissimo Hugo e io a conservare il nostro amore nel pieno scatenamento degli istinti, lui non riusciva proprio a capirlo”). Intanto la nostra eroina è dilacerata da dubbi amletici (“Chiesi a Eduardo: credi che il desiderio di orge sia una di quelle esperienze che bisogna portare fino in fondo?”), che risolve in modo salomonico (“No, disse lui. La vita dei liberi istinti è fatta di strati.”).
Hugo, nel marasma della vita di Anaïs, rimarrà sempre una certezza (“Racconto a Hugo del mio diario immaginario di una donna posseduta, che lo rafforza nella sua convinzione che tutto sia invenzione salvo il nostro amore”), lo scoglio al quale aggrapparsi (“Al contrario, lo amo di più perché lo amo senza ipocrisia”). 

Poi arrivano loro. Innazitutto lei: 

JUNE 

Praticamente una dea: “… Vidi per la prima volta la donna più bella della terra”. Perché delle dee possiede fascino mitologico: “Capelli biondi, faccia pallida, sopracciglia appuntite e demoniache, un sorriso crudele con fossette disarmanti. Perfida, infinitamente desiderabile, mi attirava a sé come verso la morte.”
Nonostante qualche vizio: “Ora so che June è una tossicomane.”
Con lei, Anaïs conosce nuovi orizzonti (“Nell’amore tra uomo e donna c’è resistenza e conflitto. Due donne non si giudicano a vicenda, non si brutalizzano, e non trovano niente da ridicolizzare”), sperimentando al tempo stesso i limiti oggettivi dell’amore saffico (“Posso darle il piacere del mio amore, ma non il coito supremo”). 

Dopo essere stata ricoperta di regali, tra mille gelosie, June riparte per l’America e viene il tempo di… 

HENRY 

Decisamente un’affinità intellettuale (“La sua scrittura è ardita, virile, animale, magnifica”), creativa (“Ieri sono stata sveglia fino all’una a leggere il romanzo di Henry – Moloch – mentre lui leggeva il mio”) e culturale (“Cammina dentro alle sinfonie di Proust, alle insinuazioni di Gide, agli enigmi oppiati di Cocteau, ai silenzi di Valéry; cammina nelle suggestioni, negli spazi; nelle illuminazioni di Rimbaud. E io cammino con lui”).
Con lui Anaïs rivive il complesso di Edipo (“In quel momento so di essere mezza donna e mezza bambina. Che una parte di me nasconde una bambina che ama essere sorpresa, essere istruita, essere guidata”) e l’amore per il padre (“L’immagine ossessiva di un padre erudito, letterato, si riafferma, e la donna ridiventa bambina”).
Ma l’amore è anche e principalmente carnale (“Io muoio dalla voglia di Henry, che potrebbe spazzare via tutti gli strati che mi soffocano, spalancare l’ostrica ipnotizzata dalla sua paura del mondo”). 

Henry Miller

A questo punto potremmo tentare una sintesi: “Henry mi dà la vita, June mi dà la morte”. Ma rimane ancora da perlustrare la figura di… 

ANAIS 

Eclettica (“Ci sono due modi di arrivare fino a me: con i baci o con l’immaginazione”), complicata (“L’amore di un solo uomo o di una sola donna è come una prigione”), ispiratrice di Cacharel (“Drogato dalle mie parole, dal mio profumo Narcisse Noir”), si pasce di una beata illusione: “Sono davvero convinta che se non fossi una scrittrice, se non fossi una creatrice, e una sperimentatrice, avrei potuto essere una moglie molto fedele. Do un enorme valore alla fedeltà. Ma il mio temperamento appartiene alla scrittrice, non alla donna”. 

Si è capito per chi parteggio in questo bailamme (considerate che nel testo Anais parla anche del suo amore per Lawrence Drake, per il cugino Eduardo e per lo psicoterapeuta Allendy)?
“Gli scrittori fanno l’amore con qualsiasi cosa di cui abbiano bisogno.”
Naturale fare il tifo per una donna doppia (“Io ho bisogno di due vite. Io sono due esseri”), poetica (“Hai baciato la mia bocca ed essa è scomparsa, il suo disegno si è smarrito come in un acquerello, i colori sbiadiscono”), affascinante (“Sollevandomi i capelli, alla greca”), che si agghinda in chimono rosso di seta e conosce l’arte della seduzione (“Non dovrei usare inchiostro eliotropico, ma profumo”), del colore (“Luccichii. Ametiste. Turchesi. Rosaconchiglia. Verde irlandese. Mi piacerebbe essere nuda e coprirmi con gioielli di freddo cristallo. Gioielli e profumo”), e non disdegna la vanità (“Lunedì rischierò un’operazione che cancellerà per sempre la gobba spiritosa del mio naso”;  “Il mio naso è pesante, ma bellissimo”). Una donna – sicuramente uno spirito inquieto e tormentato - che fa di tutto “per rendere la vita più interessante. Per imitare la letteratura, che è una burla. 

Bruno Elpis 

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-erotici-narrativa-straniera/discussions/review/id:45336/