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Le recensioni di Bruno Elpis

Novanta di Lorenzo Marone (Malgradopoi)

Napoli

Festività di fine anno: tempo di giochi di società, tempo di pronostici e di speranze di vincite, atmosfera adatta all’opera che vado a commentare. Perché Lorenzo Marone si affida aLa Smorfia” per  descrivere la sua città: Napoli.

Viene allora da chiedersi se la scelta di comporre novanta racconti, che vengono abbinati a un numero e alla raffigurazione popolare della cifra, sia indice di tradizionalismo. Niente affatto. Pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, il lettore avrà modo di cogliere il chiaro intento di un autore che modula le sue storie in gradazioni che vanno dal fatto normale al paradosso, in un atteggiamento che oscilla tra partecipazione sofferta e realismo critico. 
La smorfiaNel mio commento rispetterò fino in fondo l’impostazione algebrica e iconografica di un’opera che vive Napoli nella sua essenza contradditoria, folcloristica e composita: novanta sono i numeri del lotto, novanta sono i numeri della tombola, novanta sono le tessere del libro dei sogni per trarre premonizioni, imbeccate e numeri da giocare al lotto, novanta sono i simboli da decodificare per svelare i significati nascosti dietro alle apparenze.
 
E allora eccola la combinazione vincente che io propongo, da giocare al lotto (preferibilmente sulla ruota di Napoli), nella complicatissima selezione di cinque – soltanto cinque! – numeri/racconti per condensare vizi e virtù, splendori e miserie, vita morte e miracoli della città partenopea. 

4. ‘O puorco – Ammazzare il porco richiede crudeltà. Così Saverio s’inventa un espediente: “Avrebbe assegnato un nome alla bestia, ma non uno qualunque, bensì quello di un giocatore dell’odiata Signora: la Juventus”. 

16. ‘O culo – Vigliacco è il rapinatore che si avventa su un anziano per scippargli i soldi della pensione appena incassata. Ma la fortuna è dea bendata e ristabilisce le sorti attraverso un Gratta e Vinci. 

25. Natale – Come non scegliere questo racconto in questo periodo? Però attenzione, il racconto non parla di addobbi e luci del giorno più scintillante dell’anno: “Sul luogo dove prima c’era l’imponente abete, ora giacciono il vaso, un po’ di terriccio e una miriade di bigliettini sparsi per terra”. 

48. ‘O muorto che parla – Ancora il ritiro dei soldi della pensione, ma si cambia registro: “Signora, lei da sedici anni ritira la pensione per suo padre, è vero?” 

75. Pulecenella – Napoli non è solitaria nei costumi italici: è un campione rappresentativo del paese dei furbastri, dei furbetti e dei furboni. Fosse soltanto per evitare una coda… 

Il linguaggio di Lorenzo Marone è cristallino, semplice ed efficace; le storie raccontate non sono mai banali (“In genere si dice che i personaggi, i fatti e i luoghi della storia sono inventati. Qui, invece, è tutto vero”) e dimostrano la falsità del principio filosofico secondo il quale “il reale è razionale”. Il sentimento che prevale nei racconti è la malinconia, che a volte si tinge di rabbia, a volte si colora di satira lieve. Anche se non manca una minoranza di racconti che riescono ad accendere un sorriso… 

Bruno Elpis 

http://www.malgradopoi.it/recensioni/novanta-di-lorenzo-marone