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Le recensioni di Bruno Elpis

La fattoria degli animali di G. Orwell (qlibri)

coverSiamo sicuri che sia soltanto un'allegoria?

Sin dai tempi di Esopo, gli animali sono stati assunti per rappresentare le vicende umane. “La fattoria degli animali” di Orwell è una fiaba che  comunemente viene intesa come allegoria della riuscita iniziale (“Nessuno rubava, nessuno mormorava sulla propria razione”), del graduale deterioramento e del definitivo fallimento della rivoluzione sovietica.
Gli animali, esasperati dalla condizione di sfruttamento e umiliazione nella quale vivono, si ribellano e instaurano un nuovo corso di autogestione, cacciando l’uomo (il signor Jones) dalla fattoria. Quasi subito, tuttavia, si afferma una nuova classe di burocrati: i maiali, gli animali noti per la loro intelligenza, che impongono progressivamente una nuova forma di tirannide. E un nuovo principio: “Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni animali sono più eguali degli altri”.

Tra gli animali, alcuni sono autentici personaggi, caratterizzati e provvisti di una loro individualità. Così i due cavalli da tiro (Gondrano e Berta) rappresentano l’onestà della forza lavoro. Inoltre vi sono Muriel, la capra bianca, e Benjamin, l’asino (“la bestia più vecchia della fattoria e la più bisbetica”), Mollie “la graziosa e vispa cavallina bianca", Mosé “il corvo domestico”, il gatto, generalmente “introvabile. Spariva per ore intere per riapparire al momento dei pasti e la sera a lavoro terminato, come se niente fosse stato”.
E poi ci sono loro, i nuovi padroni, i porci. Palla di neve, che fuori allegoria è l’avversario politico da isolare, diffamare, demonizzare,  ostracizzare (“una specie di potenza invisibile che ... li minacciava di ogni genere di pericoli”). Il verro Napoleon, capo del regime, manipolatore di informazioni e rapace nel catturare consenso: “raramente appariva in pubblico” e si circonda di “nove enormi cani che gli saltavano attorno emettendo brontolii che mandavano brividi giù per la schiena di tutti gli animali”. Clarinetto è l’alfiere del regime, pronto a mistificare e distorcere le informazioni.
Le fattorie vicine, Foxwood e Pinchfield, rappresentano le altre potenze, alle quali far pervenire l’immagine distorta del sistema.
Altri animali (i cani, le pecore, le galline) sono categorie che rappresentano rispettivamente i tirapiedi del potere (i cani), lo sfruttamento (le galline), l’asservimento e il conformismo (le pecore).
Il nuovo corso ha un inno, “Animali d’Inghilterra”, “qualcosa fra Clementine e La Cucaracha” (l’internazionale?) e una tavola con i sette comandamenti (anche se “le bestie più stupide, come le pecore, le galline e le anitre, non riuscivano a imparare a memoria i Sette Comandamenti”).
Repressioni, esecuzioni sommarie, complotti e regime del terrore mandano in frantumi un’utopia: “Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due”. E se la conclusione non fosse soltanto un’allegoria?

Bruno Elpis

http://www.qlibri.it/recensioni/classici-narrativa-straniera/discussions/review/id:33365/