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Le recensioni di Bruno Elpis

La danza dei veleni di Patrizia Rinaldi (qlibri)

coverAnauni, le serpi che infestavano i crateri 

La danza dei veleni si balla grazie a Patrizia Rinaldi, un’autrice dallo stile originale e molto personale. Prima ballerina è l’ipovedente Blanca, investigatrice che si destreggia al commissariato di Pozzuoli tra l’agente Carità, il commissario Martusciello, soprannominato ciuccio di paese, e il bell’ispettore Liguori, del quale Blanca è innamorata. 

In questo romanzo Blanca deve tenere a bada la propria gelosia nei confronti dell’ambiziosa e seducente giornalista Sofia Rago, che s’intromette come rivale nella relazione amorosa di Blanca e come cassa di risonanza mediatica negli affari riservati dl chi indaga sulla misteriosa sequenza di omicidi commessi con i veleni letali dei ragni esotici (“Il cassetto e l’Atrax robustus caddero sul pavimento”). 

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Cabot Wright ci riprova di James Purdy (qlibri)

coverUn paese di meduse congelate 

Cabot Wright è un tipo davvero strano: “Sembrava… molto Wall Street e molto noioso, nonostante le fitte goccioline di sudore sul labbro superiore: segno sicuro, lo sapeva, di giovinezza e di forza. Erano i capelli rossi, quasi di fiamma nell’ombra, e la bocca, troppo piena per essere quella di un agente di cambio, gli unici segnali frenologici di pericolo.” 

È molto ambito da aspiranti scrittori come Bernie Gladhart, o come Zoe che lo incontra in modo rocambolesco (“La sua caduta dal lucernario doveva essergli sembrata una forma di coraggio temerario”), disposti a tutto pur di raccontare la storia del violentatore seriale (“Cabot aveva riconosciuto solo le violenze principali… ma oltre a queste c’erano altre trecentosessanta violenze carnali”) divenuto perfin leggendario (“Cabot Wright adesso leggeva che lo chiamavano l’Anonimo Uomo Nero”): la sua è una storia sicuramente destinata a divenire un caso letterario, salvo smentite dell’ultima ora…

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La danza dei veleni di Patrizia Rinaldi (i-libri)

coverLa danza dei veleni ha come coreografa Patrizia Rinaldi e come étoile la sovrintendente Blanca: l’affascinante creatura che si affida all’intelligenza, all’intuito femminile e ai sensi complementari alla vista, affinati per superare lo svantaggio (“Il suo bagaglio visivo era tutto lì, nei ricordi della giovinezza, quando gli occhi funzionavano ancora”). 

Quando Ninì, la figlia adottiva di Blanca, si prende cura di un cucciolo ferito e abbandonato dai contrabbandieri (“Guaio ce la farà. I guai sono resistenti”) e lo affida alle cure di due veterinari impegnati nella lotta animalista (“Si sono messi in testa di dare fastidio al contrabbando di cani”), siamo già nel bel mezzo de La danza dei veleni che muove i passi lungo una sequenza di omicidi andati a segno, come quello di Giordana Speranza(“Si era indebitata a usura per sistemare gabbie, acquari e serranda”) e di Gian Paolo Amedei (“Quella era di certo l’impresa vincente: scorpioni, vespe, termiti, cavallette avrebbero avuto più successo del sushi”), o soltanto tentati (“La bottega degli animali era l’orgoglio di Viviana Federici”). I delitti vengono commessi in modo inusuale: l’assassino uccide per il tramite di ragni velenosi (“Il Phoneutria uscì con difficoltà dalla scatola”) e letali (“Vari esemplari di Loxosceles reclusa, inferociti per la prigionia forzata”). Purtroppo, anche i veterinari vengono assassinati: sembra un regolamento di conti, al quale si sovrappongono gli intrallazzi di un illustre esponente della malavita locale (“Sua Signoria, un uomo che comanda su una bella fetta del litorale domizio”). 

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Il gioco degli dei di Paolo Maurensig (i-libri)

coverIl gioco degli dei di Paolo Maurensig è il chaturanga (“Per il chaturaji, versione antichissima del chaturanga, servono quattro giocatori che si affrontano in coppia”), omologo orientale  e progenitore dell’occidentale gioco degli scacchi (“Le torri diventano carri, e gli alfieri elefanti”). 

Un inviato del Washington Post, alle soglie del conflitto che sta per scoppiare tra India e Pakistan, apprende che il leggendario Sultan Khan è ospite di una vicina missione. 

In virtù del suo interesse per il gioco degli scacchi (“Da ragazzi, come tanti coetanei, ero stato un appassionato di scacchi e avevo i miei beniamini, Sultan Khan era tra tutti il preferito. Il fatto che provenisse dall’India misteriosa, viaggiando sotto la protezione di un autentico maharaja, non aveva fatto che alimentare la mia fantasia di adolescente”) e forse attratto dallo scandalo che ha coinvolto Sultan Khan (“Un impostore, un avventuriero senza scrupoli che avrebbe indotto un’ingenua vedova ottantenne a sposarlo, per poter mettere le mani sull’ingente patrimonio”), l’inviato lo scova ormai in fin di vita (“Un animo privo di doppiezza, incapace di mentire”) e lo convince a lasciarsi intervistare. 

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