logotype
Bruno Elpis Bruno Elpis Bruno Elpis Bruno Elpis Bruno Elpis

Le recensioni di Bruno Elpis

Pane, intervista a Emiliano Billai e ... i panhuy in esclusiva per Malgradopoi

panhuyEmiliano Billai è davvero un personaggio. Per Natale, agli amici (e io mi ci metto, nella schiera dei suoi amici) ha regalato alcune indimenticabili rappresentazioni su … come uccidere Babbo Natale. Sotto l’identità di “Capitano Lord Panhuy”, Emiliano Billai con “Capitana Borderline” anima La Piccola Volante, laboratorio artigianale di letteratura e sperimentazione artistica, della quale ci siamo già occupati su queste pagine commentando “Linas” di Jacopo Ninni.
LPV è una giovane realtà che incarna la propria linea editoriale in un fantasy innovativo e sperimentale e nel proprio catalogo annovera la saga di Pane: il ciclo trilogico che ha per protagonisti i bad boys di Rogan. Dopo Pane vol. 1 e Pane vol. 2, Huy Mia Ier & c. (“i cattivi ragazzi dei viottoli di Rogan”) tornano a riempire le pagine attraverso declinazioni e distorsioni della fantasia che Emiliano Billai coniuga in un complesso di visioni, incubi, deliri, miraggi e struggenti fughe del pensiero e dello sguardo.

Difficile riassumere la valanga di emozioni, talvolta immediate, molto spesso irraggiungibili, che si sprigionano dagli oltre 250 paragrafi di Pane 3.
Ho letto la parola “fine” con la sensazione di aver compreso soltanto una frazione dei contenuti e mi sono lasciato andare a un duplice ordine di pensieri.
Il primo: “Però, se Emiliano fosse meno ermetico e rendesse più fruibili le sue intuizioni …”
Il secondo: “In questo risiede l’unicità del mio amico. Originalità ai limiti della solitudine, ricchezza di immagini, continui cambiamenti del punto di riferimento narrativo. Il lettore è disorientato e, al tempo stesso, stimolato a non limitarsi alla storia raccontata”.
Anche per questo, mi piace offrire il mio punto di vista interpretativo, cercando tuttavia di utilizzare le parole dell’autore, il più possibile.

I luoghi sono quelli che abbiamo incontrato nei due capitoli precedenti. Rogan, la foresta, il Gigante. La fortezza di Odra.
“… Niente è cambiato dall’ultima incursione dei suoi soldati, da quando Bleda e compagnia abbandonarono Rogan. Solo ragnatele più spesse e polvere più grigia”.
“Una gola stretta e buia, immobile da secoli. Affonda scura e invisibile dentro il fianco del Gigante. Così il Popolo dei Re chiama l’alto picco, dalla vetta nuda in cima. Nasconde le ombre e dove vivono. Il Gigante di scisto.”

Sui luoghi, magie della notte, colori del cielo.
E’ arrivata la notte. Zuppa di silenzio e fradicia di suoni, come nessun altra cosa sa custodirli entrambi. Scarica grovigli spinosi di sentito e rovina il riposo. Non è vero che la notte è il momento migliore per riprendersi dalla stanchezza. Lo hanno capito i gatti e i barbagianni … Uccidono di notte, loro”.
Anche Cielo chiama nuvole pallide, per cambiare colore e non star solo a guardare. Per cambiare colore alla giostra sotto di lui, che piano scivola in tondo e cigola.”

Un dissidio sanguinoso è in atto.
“Uomini e ombre si uniranno, come doveva essere da secoli. Uomini e ombre per spazzar via i traditori, i demoni, riprendere la magia …”
“Ombre, Arse e Uomini, Panhuy ed Eterni, viaggiano insieme, reggendo gli uni i problemi degli altri..”
“I morti e i vivi si stanno dando appuntamento!”
…”Gli uomini morti incontrano gli uomini vivi solo quando terra e inferno …”

E ci sono loro, i Panhuy, dal “ghigno gelido”, dotati di vibrisse, “ragazzi dai lineamenti di gatto”, “gatti di legno e di sangue”, “figli di odio e foresta”.
“Panhuy, i re sanguinari potenti e squilibrati.”
“Demoni sanguinari e inarrestabili. Nei racconti li chiamano Panhuy, figli partoriti in carne da una Dea gravida del seme di un uomo.”
Il Panhuy “agli Dei ha rubato solo il potere di uccidere facilmente, ai Demoni la gioia del farlo”.

Le pagine scorrono tra sortilegi, sostanze dai poteri magici e pane verde.
“Dall’astuccio legato alla coscia porta fuori una manciata abbondante di linacrum. Fresco, odoroso. Lo infila in bocca e mastica in fretta, poi sputa sul palmo e apre i lembi di pelle per farcire le carni vive sul fianco”.
“La potenza del linacrum di Odra supera di gran lunga gli effetti dell’erba essiccata utilizzata al villaggio”.

Eccola allora la mia interpretazione, che colloco nella tragedia ecologica della foresta e nel dramma umano di sentirsi parte di un tutto: Pan, in fin dei conti, è o non è la divinità ibrida – mezzo uomo, mezzo animale - imbevuta e pregna di natura, dalla quale deriva “panico” in duplice accezione (di terrore e di senso panico)?
“… Foresta non presta, non concede”. Huy “ha scelto d’esser Lei, che ora soffre, sanguina e si rompe”. “Dentro le sue vene, nel profumo di terra, negli occhi delle martore, saremo mani di legno sopra le vostre teste … ci saremo finché Madre Foresta avrà un solo ramo da porgerti”. “Finché avrò vita non permetterò che qualcuno vi scalfisca in una sola corteccia, vi sporchi in una sola goccia di fiume, vi deturpi in una sola tana di martora”.

Lo stile di Emiliano Billai è personale e, anch’esso, sperimentale. In molti punti il linguaggio raddoppia, triplica, quadruplica … vocali e consonanti. Ricorrente il costrutto con l’articolo sostantivato: “E paura vacilla, la del demone, della morte …”
La narrazione è disseminata di aforismi. Cito il mio preferito: “I bambini si scelgono, si dividono, per il profumo che hanno addosso”. Sicuro Emiliano? Soltanto i bambini?

Bruno Elpis

Emiliano Billai in arte Capitano Lord Panhuy o Capitano Lord Panhuy al secolo Emiliano Billai? Ahi! Subito dove fa male, vero?
Eheheh! Non adoro i riflettori puntati sulle anagrafiche. Lo sai, ma in questo duello ovviamente il diritto alla prima stoccata lo hai tu. Proverò a scollare le spalle dal muro! Parliamo della Leggenda degli uomini di legno e di sangue? Allora per prima cosa ammetterò onestamente che chi ha giocato a questa storia è Emiliano Billai, non il Capitano de LaPiccolaVolante. Un gioco iniziato molto prima del varo di LPV. Molto prima anche dell'ipotesi di un viaggio su una nave tanto sgangherata! Non c'è dubbio, sulla leggenda, nella leggenda e con la leggenda ci ha giocato solo Emiliano Billai. Detto questo, mi appresto alla mio primo affondo: Non è importante! Sposterei volentieri le luci sulla storia, lasciando al buio chi l'ha giocata. In un altro mondo, forse, con regole diverse, forse, ma in questo che tocchiamo oggi...Hai notato quanti nomi si pronunciano oggigiorno? Mamma mia, sono tantissimi! I nomi sono importanti, ma hanno un ruolo nelle interazioni sociali, personali, per uomini e animali. Ma li stiamo usando male, male come troppe cose in questo mondo! Chiedi in giro, chiedi ai passanti cosa hanno letto, cosa stanno leggendo! Io ho avuto il dispiacere di scoprire che sempre più spesso le persone rispondono con un... nome! “Ah, io ora sto leggendo questo scrittore/quella scrittrice!”. Poi chiedi chi è Lewis Carroll o Herman Melville o Mary Shelley! Quanti vuoti incontrerai? Eppure tutti sanno di un Paese delle Meraviglie, di una balena bianca, di un gigante con la paura del fuoco! Cosa è cambiato da allora? Superficialità! Storie! Le Storie, di queste dovrebbe essere fatto il mondo di chi legge e scrive. Di Storie. Di cos'altro? Oggi quel mondo sta morendo, lo stiamo riempiendo di nomi, facciamo di uomini personaggi, icone, squallidi sogni! Inutili nomi! Le storie? Ne basta una giusta, nella nuova corrente, e puoi andare avanti nutrendoti e nutrendo di solenni cazzate il mondo perché tanto la gente ha smesso di leggere la “tua storia”, legge “te”, se ti han costruito una buona immagine intorno, oppure demolisce “te” se non becchi l'obbiettivo commerciale giusto! E non c'è margine di miglioramento. Non ti daranno consigli, non ti spiegheranno come raccontare meglio, demoliranno la tua persona perché non si ricalca bene sullo stampo di un personaggio da amare e da vendere! Nomi. Sono importanti quelli delle persone e dei cani che ami. Ma del resto del mondo sono importanti le cose che “fanno”. O almeno così a parer mio dovrebbe andare. Ma oggi tutto è zuppo di questa stupida maledizione del personaggio. E se mi chiedi de LaPiccolaVolante, il discorso non cambia. Solo e sempre Capitano Lord PanHuy. Per un disperato tentativo di evitare che un sogno, un progetto, venga cancellato, sparisca all'ombra di un volto reale, un nuovo personaggio di carne e di ossa, da toccare. Il viaggio è quello che conta! Quello che riusciremo a fare, raggiungere, è importante. Ogni nome di ogni membro della Ciurma sia una eco pallida dell'impresa di tutti. Non è facile, chissà se pure sarà possibile! Io non lo so. Non per questo ci arrenderemo. Proveremo a usare i nostri nomi come semplici guide, fili di Arianna che conducano a qualcosa di più importante: un progetto, un viaggio. Dentro quel progetto, quel viaggio si, oh cavolo si, le persone e i loro nomi sono i Preziosi, ma li dentro! Dentro le gesta! Prima di allora, i nomi non conteranno nulla! Allora oggi chiacchiereremo sulla Leggenda, ne scopriremo i difetti e chi l'ha raccontata starà attento a non commetterli uguali se decidesse di raccontare ancora.

Vogliamo mettere un po’ di ordine nella testa di chi ti legge? Cosa rappresenta Rogan? Uomini, eterni, ombre e Panhuy … Ma tu a quale categoria appartieni?
Già, occorre! Ma per mettere ordine è necessario ora tornare agli albori, quando e come la leggenda ha preso vita. Ogni creatura conquista il proprio senso sempre e solo se non la si sradica dal proprio contesto! Per capire Pane allora inquadriamolo nel suo ambiente naturale: il gioco. Per carità, spostiamoci lontano, vi prego, da quell'ecosistema artificiale a cui si fan troppi occhi dolci: il feudo editoriale. Lontano dal “Reame” dei libri, degli “Scrittori”, degli “Editori”! Moolto lontano, ancora qualche passo di più, su su!, indietro ancora per sicurezza! Già mi ritrovai a puntualizzare a riguardo e credo che non sarà mai abbastanza. Se si sradica pane dal suo ambiente naturale per costringerlo a una dimora più...come dire?...ufficiale, formale, ortodossa, il pericolo è quello di detestarlo e forse anche a ragione! Perché non fa parte di quel mondo, bensì d'uno più lontano, informale: quello del semplice “gioco”. “Però, se Emiliano fosse meno ermetico e rendesse più fruibili le sue intuizioni …” “In questo risiede l’unicità del mio amico. Originalità ai limiti della solitudine, ricchezza di immagini, continui cambiamenti del punto di riferimento narrativo. Il lettore è disorientato e, al tempo stesso, stimolato a non limitarsi alla storia raccontata”. Come darti torto? Farò di più: ammetto che questo aspetto non solo è vero, ma lo chiamerò con il suo nome. Difetto. Non è certo un punto a favore, ma non cercherò minimamente di “giustificare” o rendere una spiegazione che lo trasformi ipocritamente in un pregio! Lascio agli altri questa sorta di giochini. Io ammetto e l'unica cosa che posso è spiegare come è successo. Se pane fosse nato per “gli altri” allora io sarei uno scrittore, e questa sarebbe una colpa imperdonabile per uno scrittore: lo scrittore ha il compito di raccontare, senza rinunciare al proprio timbro stilistico, una storia, porgere un filo facile da tenere in mano. Ma io non ne ho le capacità. Te lo spiego come ho fatto già in precedenza: c'è chi si guarda un film, chi si accende la pleistescion, chi gioca con cosobook, io, quando la pioggia era tanta e dovevo rinunciare a una corsa con il cane in montagna giocavo a “Pane”. Ci ho giocato esclusivamente per mio gusto. Egoista e colpevole, non mi sottrarrò a rimprovero alcuno! Ho giocato una storia. Il mondo, quello vero, non ammetteva, né ancora ammette, la sincerità del rancore, dell'odio, di un affetto grande. Se ne vergogna! Come se Odio e dolore non facciano parte del legittimo sentito umano al pari dell'amore e degli affetti! Sono motivo di vergogna, ma non per me. Così nasce pane, per l'esigenza di avere un mondo in cui completare il mio sentito con tutti i colori senza sentirmi rimproverare o dovermi scusare. Per me. In questo modo, l'unico in cui sia in grado di raccontare (giocare), la conseguenza è una maleducazione nei confronti del lettore, lo ammetto: lasciare porte troppo chiuse. Ma giocando non sentivo l'esigenza di aprirle. Ho giocato a una storia. Punto. È un gioco, giocato lontano dall'arena degli “scrittori”. Anche il punto di vista sempre mobile, risponde all'esigenza mia di “essere” quanti più personaggi possibili, ne avevo bisogno per innamorarmene! Ho sempre avuto non poche perplessità sulla pubblicazione di Pane. Non hanno mai vinto sulle scelte del Consiglio dei Graduati. E se si rivelasse un errore non sarà mai una tragedia, né una vergogna ammetterlo. Se divertirà un solo lettore, sarà un guadagno. Pane il suo compito lo ha svolto: mi ha trascinato lontano da scelte sbagliate, mi ha chiuso in un mondo nuovo salvandomi da ciò che non potevo più sopportare. Ma a chi giocherà alla Leggenda degli uomini di legno e di sangue, spetta questa sentenza, non certo a me! Ho paura del termine “Originalità”, non voglio essere io a pronunciarlo. È una preziosa rarità e farsene vanto è presuntuoso. Ma quanto ci hai azzeccato: “...ai limiti della solitudine”! Delle volte per sopravvivere in questo mondo è d'obbligo sottrarsi alle opinioni, stare zitti, cercare un'altra dimensione in cui recuperare la serenità per riprendere il cammino, in silenzio. Da soli. Si, solo volevo stare e solo sono rimasto. Contento di giocare in solitudine a una storia. Non la solitudine di chi scrive in silenzio dentro lo studio. La solitudine vera. A me piace. Mi piace passare del tempo da solo, in silenzio, mi piace non condividere parole e pensieri. Solo, nel gesto meccanico di scrivere, solo, in quello più “romantico” del raccontare, solo, in mezzo all'inferno e da solo viverlo, nessun lettore ad aspettarmi fuori dal mio mondo. Solo. Sono un egoista, in questo senso. Non lo so se è un difetto! Lo è? È grave? Allora mi scuso! Aspetti. Rogan è solo uno di questi. L'ecosistema malato in cui prendiamo forma di persone “per bene”. Non hanno coordinate geografiche o corrispondenti reali nel mondo che tocchiamo. Come i colori, come i volti, come i profumi di una storia devono essere delineati da chi la vive, non da chi la scrive, anche le loro corrispondenze devono combaciare perfettamente con le esigenze di chi legge. Sia il posto che ognuno sceglie. Cosa sono? Ripeto: Aspetti. Questo sono le scenografie, i templi in cui matura la Leggenda. Aspetti. Alveari ronzanti di ipocrisie, ognuno con il proprio Credo, la propria Religione, la propria Ambizione. Eppure tanto, troppo simili l'uno all'altro. Uguali nelle colpe, negli errori e nella folle concezione di una Giustizia. Provate a scolorirli, a sovrapporli tutti. I margini dell'uno corrisponderanno ai margini degli altri. Cerchiamo scuse, ogni giorno. I torti stanno sempre nella “Religione” sbagliata dell'altro. Sempre. Che stupidaggine! La verità è che sono scuse. Siamo tutti uguali, in pregi e gravissime colpe. Ambiziosi, prepotenti, presuntuosi e per non ammettere colpe la soluzione è trovare una scusa per spazzare via chi ha subito il torto. Lo dichiariamo “Sbagliato” e nostre siano Ragione, Giustizia e Divinità. Bugie. Gli altri faran lo stesso con noi dall'altra parte del fiume. Rogan, Odra, il Gigante...Aspetti, luci diverse, colori diversi degli stessi identici colpevoli: Semplicemente Uomini. Vorrei ascoltare il mondo in ammissione di colpe. Questo è Pane. Che domanda complicata! Un poco a tutte. O meglio, le invidio un poco tutte. Che bello l'orgoglio delle Ombre! Quel modo freddo, altezzoso di mangiare affetti, nutrirsene, ma di nascosto! Tenera l'infantile ingenuità degli Uomini e la prodigiosa capacità di liberarsene e fare le scelte! Provo invidia per il modo felino degli Eterni di concepire e difendere il necessario, con mezzi necessari, aggrappati alla necessità. No bene, no male. Necessario. Fuori dalle tempeste emotive. Come i gatti. Ma forse, anzi, sicuramente ciò che mi fa più gola (evidentemente!) è la cruda onestà dei panhuy. L'amare il proprio amore, l'amare il proprio odio. Con egual passione. La cosa meno probabile nel mondo reale, la totale resa nei confronti del proprio sentito, senza colpe né vergogne. Riconoscere la colpa e darle la caccia, straziarla a morsi. Delle volte credo che il mondo abbia troppa paura di soffrire per essere in grado di migliorare o risolvere un problema.

Cosa legge Emiliano Billai? Quali sono i suoi autori preferiti? E nel campo delle arti figurative hai qualche riferimento?
Non sono un lettore medagliato! Non ho una corsia preferenziale a riguardo, suggerisci una storia e io do retta, la leggo. Mi affido quasi sempre ai consigli degli altri. In questo senso un ruolo importante lo ha la mia compagna, l'altra metà del respiro de LaPiccolaVolante, nonché del mio. Lei è un'ottima consigliera. E suppongo che questo significhi che ha un'idea sulle mie preferenze ben più chiara della mia. Suona strano, è vero, ma credo sia proprio così. Non sbaglia mai. Mi ritrovo sempre più spesso il surreale tra le dita. Storie appena oltre il confine che divide vero da fantastico. Quel fantasy più plausibile, tangibile. Mi accorgo che il mio gusto per il gotico, per il macabro sta crescendo. La scoperta di autori/illustratori meravigliosi, la dedizione e il lavorio attento delle loro dita, devia inevitabilmente la mia rotta. A riguardo vi suggerisco il meraviglioso Stefano Bessoni! Non ho un Autore preferito. Perché non esiste un autore che possa soddisfare le esigenze emotive di una vita intera, a meno che non ci si costringa a provare un solo sentimento “per bene” e ciccia! Neil Gaiman, Neville, Pullman, Bulgakov, l'attualissimo G.R.R. Martin...tutti loro e quanti altri che non so elencare qui, hanno scritto storie di cui mi sono innamorato!! Da lì in rimbalzo su Benni, Villaggio e quanti ancora “hanno accorciato la frase”, trasformato la lingua in immagini istantanee esilaranti! L'affezione al personaggi di Pennac! Tutto questo, lungo un giro contorto che è passato per Hesse, Sepulveda, Bach, Melville, Carroll, Shelley, Salgari, il Maestro Calvino...un salto pure su Lorenz e Darwin e mi stupisco ancora dell'aver viaggiato con pazienza (per un cialtrone come me!) sulle pagine de “L'origine della specie”. Il segreto non è altro che semplice curiosità. La curiosità è la chiave che girerà dentro gli ingranaggi del cambiamento. Non importa che tu sia un letterato, un professore o un semplice operaio! Conoscere è un alimentarsi oltre le qualifiche e cercare di inquadrarsi dentro una tipologia di lettore è...stupido! Leggere, guardare, seguire Storie dovrebbe essere un sempre meraviglioso passatempo, il più goloso. Qual è dopo tutto la magia più grande a disposizione dell'uomo? Cos'altro se non la capacità di inventare mondi, storie nuove? Siamo le uniche creature di questo modo che ne detengono il potere, ci pensi? Nient'altro! Il resto è una questione di passi più lenti, pollici opponibili...ma inventare, creare...solo noi, meravigliosa creatura Uomo, possiamo farlo! E cosa insegna più sull'uomo, sull'indole, sulla ragione e sul torto se non le storie, che son scritte dagli uomini, e non possono che parlare di “Uomini”, che li si mascheri da Elfi, da Draghi, da mostri, Dei...non possono che raccontare altro che l'indole Umana e i suoi desideri. Così scontato che non ci accorgiamo della meraviglia reale di questa magia! Nel campo delle arti figurative l'elenco dovrebbe allungarsi pagine e pagine! Manara, Pratt, Miller, Pazienza, Nagai...impossibile farne un elenco ora, tanto meno riordinarlo per motivi. Burton! Il modo rotondo di Botero! Uffff...ci si muore dietro ad un impresa simile! Chi risponde senza imbarazzo ad una domanda simile è pazzo! Troppo breve una sola vita per trovare l'ingrediente perfetto! E se devo proprio faccio un elenco veloce di chi ancora ci vive intorno! Santapazienzascalza! Ci sono tanti e tanti ancora di quei meravigliosi illustratori a cui vorrei rubare anche un solo frammento di intuizione: Bessoni, Claudio Cerri, E.Geary, Akimao...oddioQuanti! che meraviglie di magie sanno creare! Li invidio tutti! Appena ne scopro uno nuovo lo eleggo, poi eccone spuntare un altro! Li abbiamo intorno, ci lavorano di fianco! Suggerirei di non puntare gli occhi solo su ciò che è stato (è importante, come no!), ma scoprire quanta genialità abbiamo a disposizione ora, è un dovere! Invidiare è un obbligo! Ma con piacere, felici di avere qualcuno da cui imparare qualcosa di nuovo! No, mi dispiace devo troppo a troppi per permettermi di incoronare il mio preferito! Non posso! E spero di non potere mai!

Quando una storia si impadronisce di te, cosa ti fa decidere di rappresentarla in immagine e cosa ti induce – piuttosto – a raccontarla con le parole? Ritieni che l’intuizione artistica di tipo figurativo sia diversa da quella di tipo letterario? Ti senti più pittore o più narratore?
Molti, molti aspetti, inneschi che prendono fuoco e incendiano altri inneschi in un domino che si spegne sulla decisione finale. Una mescola di desideri e possibilità reali. Per farti un esempio: Pane. Pane è nato per essere sceneggiato (fumetto) e disegnato (anche questo ha pesato non poco sulla sua forma finale), ma subito dopo questo desiderio sono germogliate le problematiche: un fumetto avrebbe potuto darmi ciò che cercavo con tanta immediatezza? no. Le sue meccaniche mi avrebbero costretto ad una eccessiva "razionalità"! Ho i tempi, i soldi necessari per produrre un quantitativo di "carta" simile? no. Così van le cose per ogni progetto. Nasce prima la voglia di giocare a un storia, poi emergono i limiti più materiali con i quali quella storia deve fare i conti. Altre volte quando le meccaniche non soddisfano le esigenze allora si aspetta. Si ripone il progetto dentro un cassetto e si attende il momento giusto per dargli una forma. Fiaba Il Mago, per esempio. Un soggetto per il quale né io, né la Ciurma di LPV ci rassegneremo a portarlo avanti se non "disegnato"! Ma per ora non ci sono le condizioni, i soldi, i tempi per metterci mano, allora attenderemo che il tutto sia pronto. Dopo tutto, gira che ti rigira si parla di storie, non per forza di illustrazioni, non di letteratura, o altro. Solo Storie e vestirle è un arte paziente, calma, d'attesa. Cercare il vestito giusto è un lavoro da affrontare con calma! Poi ci sono i lavori di colori e matite. Quelli non hanno scampo! Nascono per essere quello, lì mi trovo decisamente più a mio agio. Sono intuizioni molto lontane l'una dall'altra. Entrambe sono, è vero, un mezzo di comunicazione, entrambe contengono una Storia. Ma il raccontare è una maniera calma, prende forma man mano che la storia va avanti, esige più tempo e pazienza, è assolutamente una strategia paziente e calcolata, non deve avere fretta. Comunica il suo messaggio in un concerto di strumenti e assoli che si sovrappongono l'uno all'altro sempre più numerosi. Illustrare invece è detonazione. Arriva, deve arrivare subito! Un messaggio secco, un tonfo sordo e efficace. È comunicazione a caldo, su cui razionalizzare è uno spreco, ti squote e ti rimane dentro. Si, non sopporto chi colora e nasconde. L'impatto con il figurativo lo voglio subito, immediato. Se non sai darmelo allora abbandona il pennello, raccontamelo e costringimi alla pazienza e alla ricerca. L'intuizione letteraria si inaridisce se palesata attraverso l'illustrazione. L'intuizione di tipo figurativo non va annacquata, allungata! Raccontarla la renderebbe troppo delicata, trasparente! Sono due cose diverse. Si. Mi trovo più a mio agio con i colori e le matite. Questo non fa di me un pittore. I pittori veri sono veramente pochi! Io adoro comunicare, forse anche all'eccesso. Mi innamoro di tutti i mezzi a disposizione per farlo! Ma tra i colori mi trovo più a mio agio! Lascio volentieri il ruolo titolare di narratore o scrittore a chi se lo merita di più. Pecco ancora in troppi aspetti, credo, per potermelo permettere! Adoro all'inverosimile giocare alle storie, non riuscirò mai a farne a meno, ma quello che faccio veramente è illustrare! Chiedo scusa per il resto!

Cosa c’è nei progetti di LPV?
Sollievo! Chiudiamo su un comodo tecnico! Grazie! Be’, è facile prevederlo: LPV nasce in basso e continuerà la sua avanzata in basso! Vedi siamo gente che delle lamentele comode non se ne fa nulla! Continuano a echeggiare per le strade e per le Genti le ombre di una crisi dell'editoria, aggravata dal peso di una grave crisi economica. E giù ad additare un popolo spento, che legge poco, che spende poco in libri, un popolo menefreghista eccetera, eccetera, eccetera...Oh, quanto disgraziatamente è vera una parte di questa analisi. Ma anche troppo facilona, per sentirla pronunciare dai Signori del Feudo! Non sarà mica che anche stavolta qualcuno addita la religione sbagliata dell'altro per non farsi carico di responsabilità? Perché il primo compito di un settore in crisi è quello di rendere più avvicinabili i prodotti e le abitudini a Tutti! Dal primo all'ultimo! Abituarli che leggere è giocare alle storie, non l'etichetta radical chic di donnicciole in pelliccia sintetica! Ma per far questo il prodotto “Storia” deve essere alla portata di tutti, una spesa giusta che non pesi esageratamente sulla spesa di tutti i giorni! Voglio cancellare l'impressione che non si abbia alcuna intenzione di coinvolgere il popolo tutto alle Storie, Voglio rendere ridicolo il dubbio che non sia il popolo a dimenticarsi le Storie, ma l'editoria a tenere le Storie fuori dalla sua portata! Voglio ancora credere che sia solo una mia stupida paura! Allora ecco la spiaggia più vicina alla rotta: rafforzare il settore e la vetrina elettronici! Metterci nelle condizioni di produrre pesantemente e seriamente elettronico. Anche noi risentiamo dei costi della carta e in queste condizioni non riusciamo ad abbassare la mira come vorremmo! Quindi appesantire l'arsenale in quella direzione è d'obbligo! Storie da vivere e conoscere a costi meno selettivi. Questo non significa ripudiare la carta! Non mi stancherò di ripeterlo! Non ci rinunceremo neanche noi! Ma carta è vita, è un trono sacro da rispettare e usare con cautela. È il contenitore ultimo delle storie che vale la pena conservare, non solo giocare! Per una storia è onorevole anche il solo esser letta, arricchire tempi vuoti che troppo spesso vengono mal spesi! Questo è leggere! Ma noi vorremmo usare carta solo se carta ci verrà richiesta. Solo se chi ha letto senza svenarsi, deciderà che quella storia merita quel trono e un posto in libreria. Tutte le storie sono una grande ricchezza! Tutte. Ma solo il lettore può scegliere quale storia sia meritevole del trono di carta. Invito tutti a stare attenti, la carta è vita, se ne butta troppa. Il libro è solo un prezioso contenitore. Questo mondo è fatto di Storie e le Storie devono essere messe alla portata di tutti, come il pane. Il 2013 riverserà sugli scaffali il genio di nuovi e vecchi autori, una nuova produzione per piccini, un altro Dark Fantasy, rivisitazioni gentili e probabilmente (c'è da fare non pochi conti!) la riproduzione su grandi formati di illustrazioni.

http://www.malgradopoi.it/recensioni/pane-intervista-a-emiliano-billai-e-i-panhuy-in-esclusiva-per-malgradopoi