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Le interviste di Bruno Elpis

Intervista a Marco Balzano, vincitore del Premio Campiello 2105

Marco BalzanoGrazie Marco per aver accettato di rispondere alle nostre domande. 

D – Nella postfazione a “L’ultimo arrivato” confessi che l’opera è scaturita anche da una serie di interviste a immigrati dal sud nel periodo del boom economico. Come nasce questo interesse per un periodo nel quale non eri ancora nato?
R - Mi è sempre interessata l’emigrazione: trovo che sia un’efficace metafora sulla legittima ricerca di felicità di ogni individuo. L’emigrazione minorile, poi, mi sembrava una pagina molto poco raccontata della nostra storia recente, e questo ha  influito molto sulla necessità di scrivere questo romanzo. 

D – E la scelta di San Cono come località nella quale collocare l’infanzia di Ninetto?
R - È un piccolo paese dell’entroterra siciliano. Uno degli intervistati mi ha raccontato che proveniva da lì: la sua forza descrittiva ed evocativa mi hanno spinto a sceglierlo come posto, ma è un emblema, le ambientazioni possibili erano tantissime. 

D – Ma la tua scelta è ancor più particolare, perché Ninetto non emigra con i genitori, bensì con un compaesano…
R - Famiglie così povere, ancora oggi, non possono emigrare all’unisono. I più fortunati partivano e partono con un fratello o un parente, gli altri con chi capita. Era ed è una situazione molto più comune di quel che si possa pensare. 

D - Hai nostalgia per un’epoca nella quale “Eravamo sempre sporchi di strada”? Tu che sei a contatto con ragazzi dell’età del Ninetto della prima parte del romanzo (ndr: Marco insegna in una scuola media) come giudichi gli adolescenti di oggi, se ha un senso questa generalizzazione generazionale (“Ormai sei grande, tieni tredici anni compiuti!... una frase che se la dici oggi chiamano il Telefono Azzurro”)?
R – Caratterialmente non sono un nostalgico, né nel libro traspare nostalgia. Ovviamente un bambino non vuole mai andarsene né lasciare la famiglia, ma una volta partito lui prova piuttosto rancore che nostalgia verso quella famiglia che non ha saputo trattenerlo. Nel tentativo di allontanare la retorica e la mitizzazione del personaggio la nostalgia non poteva trovare posto, come molto spesso non ne trova in chi subisce questi traumi. 

D – Come si riflette il drammatico tema dell’immigrazione internazionale sulla scuola dei nostri giorni?
R - La diversità è una ricchezza, su questo non si discute. Dove la scuola ha gli strumenti per interpretarla, accoglierla e condividerla nascono situazioni molto stimolanti. Dove gli strumenti non ci sono è più facile che si verifichino fenomeni di emarginazione, incomprensione, razzismo. È sempre una questione di risorse, se preferisci una questione politica. 

D – E i tuoi allievi extra-comunitari sono fonte d’ispirazione per la tua scrittura?
R – Non ho fonti di ispirazione precise. Scrivere è prima di tutto ascoltare. E poi guardare. 

D – Confessa che Pascoli è il tuo poeta preferito… Come lo insegni ai tuoi studenti?
R – Pascoli per me è il più grande poeta italiano insieme a Dante. Non tutta la sua produzione ha lo stesso valore, ma ha delle punte ineguagliate, di inquietudine, di musicalità, di maestria del verso. Per me una poesia va sempre prima letta e goduta: dopo bisogna accostarsi e cercare di metterne in luce i vari livelli di significato. È un lavoro graduale di penetrazione del senso e del lavoro che vi sta dietro. Diffido, insomma, da un approccio esclusivamente emotivo ai testi. 

D – ELo stranierodi Camus (“Questo signor Camus autore de Lo straniero… Come ha fatto a raccontare la mia storia raccontandone una sua”)? Che tipo di narrativa legge Marco Balzano? E quali opere consigli ai tuoi studenti?
R – Leggo di tutto, sono molto metodico. Cerco di alternare sistematicamente un classico e un contemporaneo. Leggo molta poesia. Non ho consigli preconfezionati, cerco di capire quale può essere il gusto di chi mi chiede un libro: i consigli migliori, specie per un giovane, sono quelli che ti portano a prendere consapevolezza del tuo gusto di lettore. 

D – Veniamo adesso all’importante riconoscimento del Campiello. Che emozioni ti ha suscitato?
R - Una gioia immensa. È un momento che non dimenticherò. 

D – Tra gli scrittori che hanno vinto le passate edizioni hai qualche preferito?
R - Primo Levi. 

D – Cos’è cambiato nella tua vita dopo questo evento?
R - Giro come un matto e passo i pomeriggi sui treni. Soffro un po’ della lontananza dalla mia bimba, ma sono anche molto gioioso per la fortuna che mi è capitata e perché moltissimi mi scrivono che è una fortuna meritata. 

D – Quali progetti attendono Marco Balzano nel futuro immediato?
R - Girare qualche altro mese e poi ritornare a scrivere. 

D – Quella (bella) foto-immagine che campeggia nel tuo profilo Facebook (ndr: Marco Balzano con Pinocchio) ha un significato particolare?
R - Pinocchio è il libro più bello del mondo, non è solo “una bambinata” come la definì sbrigativamente il suo autore. Abbracciare Pinocchio mette allegria. 

D – Ma è proprio vero cheIl dolore tiene insieme più di ogni altra cosa”?
R - No, anzi. Però nel contesto in cui viene pronunciata quella frase nel testo è vero: la battuta la dice il compagno di cella di Ninetto al protagonista. Sta cercando di consolarlo e in questo senso la frase trova la sua verità. 

Ringraziamo Marco Balzano per la simpatia e la disponibilità con le quali ha risposto alle nostre domande. 

Bruno Elpis 

http://www.i-libri.com/scrittori/intervista-a-marco-balzano-vincitore-del-premio-campiello-2105/