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Fatti e libri, rubrica di Bruno Elpis

Quando la superstizione distrugge una vita e “Mi chiamo …” di Aldo Nove

MimìOggi lo spunto di riflessione mi deriva da una galleria fotografica pubblicata su un quotidiano on line, che può essere richiamata a questo link.
La didascalia delle foto recita: “La forza della fede e, per chi ci crede, della cabala. ? lo strano incontro sotto il colonnato del Vaticano tra la suora e un piccolo e simpaticissimo gatto (nero) che le gira intorno in cerca di fusa. Non deve essere, evidentemente, interpretato come un segno nefasto, ma c’è abbastanza per un scongiuro”.

Immagini per certi versi dolcissime, che tuttavia inducono a pensare al potere della suggestione. E alle potenzialità distruttive che un pregiudizio può avere.

mimìL’ultima pubblicazione di Aldo Nove, “Mi chiamo …”, è un’occasione poetica, per com’è stata concepita e strutturata, per celebrare un’artista annientata dalle maldicenze e da un’invidia (“Se c’è una cosa che fa male è quando dicono che sei troppo brava … è una maledizione”) che fa leva sulla superstizione e sull’ignoranza.
Aldo Nove restituisce il respiro a una delle più belle voci della musica italiana, Mia Martini, che - dopo un promettente esordio colorato di fascino hippy e dopo l’esperienza internazionale con Aznavour – è stata travolta da eventi ingiusti e dalle cattiverie del mondo dello spettacolo.
La ricostruzione è molto lirica, ancorata ad alcune tappe biografiche della cantante e sorretta da potenti richiami culturali.
A Leopardi: “Vicino a dove eravamo andati ad abitare c’era la casa di un grande poeta … Sprofondava nei libri e sapeva tutte le cose ma era triste. E guardava lontano nel cielo e si spaventava perché vedeva che non c’era nulla e in quel nulla sprofondano le persone sensibili ma io non ero così, io avevo il cielo e il mare e il mare non smette mai di fare rumore”.
Alla classicità: “… una parola terribile … ‘hubris’ … Ulisse … aveva scatenato l’ira degli dei perché aveva voluto andare oltre … e gli dei sono invidiosi degli uomini”.
Al poeta greco Ghiannis Ristos: “Quella poesia diceva semplicemente ‘Vita – una ferita nell’inesistenza’. Quello era il mio autoritratto …
A Pirandello e Totò: “Quel racconto di Pirandello che poi Totò portò al cinema. Si chiamava La patente. Era la storia di un uomo che si vestiva sempre di nero. Così iniziarono le voci su di lui.”

Bruno Elpis